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Le attività industriali e domestiche producono, ogni giorno, acque reflue, diversamente dette di scarico, provenienti da utilizzo umano, industriale, domestico o agricolo, che contengono sostanze organiche o inorganiche potenzialmente dannose per la salute e l’ambiente.
Continua a leggere l’articolo e scopri come vengono trattate e depurate!
Le acque reflue appartengono ad una categoria di acque che, dopo l’utilizzo, non possono essere riversate nell’ambiente in modo diretto ma necessitano di adeguati interventi di depurazione. Infatti, le acque di scarico, se non trattate, possono essere causa di gravi danni ambientali e rappresentano un grande rischio anche per la salute dell’uomo.
Esse sono infatti una delle principali fonti di inquinamento.
Sono esclusi dalla definizione di acque di scarico i rilasci previsti all’articolo 114, ovvero: le restituzioni di acque utilizzate per scopi idroelettrici, irrigui, o derivanti da sondaggi o perforazioni diversi da quelli relativi alla ricerca ed estrazione di idrocarburi.
Le normative che regolano il trattamento delle acque reflue in Italia sono tre:
Si possono distinguere diverse tipologie di acque reflue, domestiche, urbane e industriali caratterizzate da proprietà differenti in relazione alla provenienza (es. insediamento residenziale, agglomerato urbano o stabilimento industriale).
Qui di seguito le tipologie di scarico previste dalla normativa in vigore (art 74 comma 1 D.Lgs. 152/06 e regolamento regionale n° 04/06).
Provengono da insediamenti di tipo residenziale e da servizi e derivano, prevalentemente, dal metabolismo umano e da attività domestiche.
Si definiscono industriali le acque reflue scaricate da edifici o installazioni in cui si svolgono attività commerciali o di produzione di beni.
Sono le acque contenenti residui metabolici (feci e urine), provenienti da attività domestiche e dal dilavamento delle strutture urbane.
Si intendono tali le acque che cadendo al suolo per effetto di precipitazioni atmosferiche non subiscono contaminazioni di sorta con altre sostanze o materiali inquinanti.
Il termine si riferisce a ai primi 5 mm di pioggia che si depositano su parcheggi o piazzali di attività pubbliche: benzinai, autolavaggi, centri logistici, industrie, etc.
La Provincia o la Città metropolitana sono le autorità a cui compete il controllo degli scarichi in ambiente e ad esse spetta il rilascio delle relative autorizzazioni.
Quando parliamo di trattamento delle acque reflue, o depurazione, ci riferiamo al processo di rimozione dei contaminanti da un'acqua di origine urbana o industriale.
La depurazione varia in base al tipo di acque da trattare: le acque reflue provenienti da scarichi civili oppure industriali presentano, infatti, diverse concentrazioni e tipologie di inquinanti e necessitano pertanto di trattamenti diversi. La depurazione delle acque reflue industriali è strettamente legata al tipo di inquinante correlato all'attività svolta dell'industria, mentre la depurazione delle acque reflue civili è standardizzata in processi ormai noti, in quanto le tipologie di inquinanti e le loro concentrazioni vengono analizzate frequentemente, da tempo.
Il D.lgs. 152/2006 regola la depurazione delle acque reflue e i limiti da raggiungere affinché le acque reflue depurate possano essere reimmesse in natura sotto forma di scarico.
Il decreto indica tre tipologie di trattamento:
Tra i trattamenti primari si individuano le unità di:
Le unità che caratterizzano il trattamento secondario invece sono:
La depurazione delle acque reflue avviene attraverso due fasi principali volte ad eliminare le sostanze tossiche dai rifiuti liquidi, attraverso una trasformazione in fanghi.
I fanghi ottenuti, non essendo ancora totalmente puri e privati di sostanze nocive, vengono sottoposti ad ulteriori trattamenti e, successivamente, smaltiti attraverso discariche dedicate, oppure impiegati nel settore agricolo o conferiti presso impianti di compostaggio. Gli impianti di trattamento e smaltimento delle acque reflue vengono solitamente gestiti da aziende private, che hanno il compito di seguire i trattamenti impiegando tecnologie adeguate e personale specializzato, effettuando analisi preventive che classifichino i rifiuti e le lavorazioni ad essi correlate.
Gli scarichi nel sottosuolo, provengano essi da attività civile o industriale, sono vietati; quelli su suolo o strati superficiali del sottosuolo sono normalmente vietati ad eccezione degli scarichi domestici (RR 3/2006) oppure di quelli derivanti da attività industriali o urbane.
Un corpo idrico rappresenta acque superficiali, e più precisamente: un lago, un torrente, un fiume, un canale, un bacino artificiale, o una parte di essi. Lo scarico su corpi idrici in superficie è vietato.
Gli scarichi nel sottosuolo derivanti da qualsiasi attività civile o industriale sono categoricamente vietati.
È fondamentale un impegno costante nella gestione tecnica e procedurale del rispetto dei limiti tabellari relativi alle acque di scarico prodotte da attività civili e industriali, nonché il controllo e la corretta conduzione degli impianti di depurazione, il trattamento e l’uso razionale delle acque di processo.
La disciplina degli scarichi viene trattata nella parte terza, tit. III, capo III del D.Lvo 152/06 in cui, nell’allegato 5 si riporta:
In ogni caso, è permesso lo scarico su suolo o strati superficiali del sottosuolo di eventuali scaricatori di piena, delle acque meteoriche raccolte attraverso fognatura separata, di quelle provenienti dalla lavorazione di rocce native oppure dalle acque derivanti dallo sfioro di serbatoi idrici.
Anzitutto occorre precisare che il c. 4 dell’art. 125 dispone una espressa deroga: “… gli scarichi di acque reflue domestiche in reti fognarie sono sempre ammessi nell’osservanza dei regolamenti fissati dal gestore del servizio idrico integrato ed approvati dall’Autorità d’ambito”.
Ciò significa che qualsiasi opera di scarico deve, necessariamente, essere approvata dall’Autorità di ambito: il procedimento di autorizzazione dello scarico (salvo diversa disciplina regionale) è di competenza della provincia laddove lo scarico sia una pubblica fognatura.
L’autorizzazione è prevista entro 90 giorni dalla ricezione della domanda, come da art.124 co.7.
La validità dell’autorizzazione è di 4 anni dal rilascio mentre, un anno prima della scadenza, è necessario il rinnovo. Ciò permette di mantenere lo scarico anche dopo il quadriennio, nel pieno rispetto delle prescrizioni contenute nella precedente autorizzazione.
Attenzione: questo principio non è applicabile agli scarichi di sostanze pericolose, come previsto dall’art. 108.
Infatti tali scarichi possono essere rinnovati in forma espressa e non oltre sei mesi dalla scadenza, trascorsi i quali “lo scarico dovrà cessare immediatamente”.
Gli scarichi di acque reflue domestiche e assimilate su territorio comunale che non possono allacciarsi o non sono serviti da una fognatura pubblica devono essere autorizzati dal Comune come previsto dal Decreto legislativo 03/04/2006, n. 152, art. 124.
L’autorizzazione delle acque reflue industriali, ovvero l’AUA ( Autorizzazione unica ambientale) viene rilasciata dalla Città Metropolitana attraverso lo Sportello Unico delle Attività Produttive (SUAP) di riferimento per il Comune in cui è ubicato l’insediamento produttivo.
Nota: Come previsto dall’art.47, gli scarichi prodotti da alcune specifiche attività, vedono applicati particolari limiti, da richiedere preventivamente al Servizio Ambientale SMAT.
Anche per questa tipologia di scarichi deve essere richiesta l’AUA alla Provincia di Torino in base ai riferimenti sopra riportati.
Le acque reflue industriali possono essere assimilate alle acque reflue domestiche come previsto dalla legge, ex art. 101 del D.Lgs. 152/2006, o laddove lo scarico rispetti i limiti quali-quantitativi previsti dalla Tabella 1 della DGR n° 1053 del 09/06/2003.
Gli scarichi di acque reflue industriali assimilate alle acque reflue domestiche per legge che recapitano in pubblica fognatura sono sempre ammessi e pertanto non sono soggetti al rilascio della relativa autorizzazione, purché conformi alle prescrizioni del Regolamento comunale dei Servizi e degli Scarichi nelle Pubbliche Fognature e al Regolamento dell’Autorità d’Ambito.
L’art.137 del T.U.A. sancisce che: chiunque apra o effettui nuovi scarichi di acque reflue industriali, senza autorizzazione o con autorizzazione sospesa o revocata, è punito con l’arresto da due mesi a due anni o con una sanzione pecuniaria che va da un minimo di €1.500 a un massimo di €10.000.
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